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Disturbi alimentari

I DISTURBI ALIMENTARI
I disturbi alimentari, insieme a quelli d’ansia, sono le patologie che hanno reso e rendono ancora famosa la psicoterapia breve strategica per la sua efficacia e la sua efficienza.
ANORESSIA
Costante mantenimento di un peso inferiore a quello minimo, con un grande timore di acquistarne e alterazione dell’immagine corporea che porta a percepire il proprio corpo come più gonfio di quello che è realmente. È presente amenorrea (assenza di mestruazioni) in epoca post-puberale, o ritardo del menarca (primo flusso mestruale); in quest’ultimo caso si osserva in genere un ritardo nel raggiungere il peso corporeo minimo piuttosto che una perdita di peso. Spesso i soggetti affetti da questo disturbo, perlopiù di sesso femminile, fanno uso di diuretici e lassativi e svolgono un’eccessiva attività fisica volta a bruciare le già minime quantità di calorie immesse nell’organismo. Tendono a parlare e rendere palese il loro problema con il conseguente vantaggio secondario di far rivolgere tutta l’attenzione su di loro, instaurando particolari dinamiche familiari che, di solito, vengono svelate all’interno della seduta laddove si ritiene opportuno coinvolgere il sistema familiare.
BULIMIA
Letteralmente “fame da bue”, consiste nell’ingerire grandi quantità di cibo, con il conseguente aumento esponenziale del peso corporeo.
In un’ottica strategica si distinguono tre fondamentali tipologie:
Coloro che mangiano incessantemente senza mettere in atto vere e proprie abbuffate;
Coloro che alternano periodi di abbuffate a periodi di dieta ben riuscita, con conseguente perdita e acquisizione di peso;
Coloro che usano il cibo come compensazione a delle mancanze o come protezione da relazioni che non si sentono in grado di sostenere. Il grasso protegge da sensazioni “pericolose” in quanto rende meno desiderabili;
VOMITING
Nella letteratura classica questo disturbo non esiste come una sindrome ben definita, bensì come sintomo che può essere presente sia nell’anoressia che nella bulimia. Tuttavia, migliaia di casi trattati all’interno del CTS di Arezzo hanno rilevato che questo comportamento si distingue come una qualità emergente da entrambi i disturbi e ha sviluppato, nel corso degli anni, un funzionamento del tutto differente dal ruolo che ricopriva all’interno dei disordini sopraccitati. Attraverso le soluzioni che funzionano si è scoperto che, sebbene si inizi a vomitare per avere maggiore controllo sul peso o per il senso di colpa derivante da un’abbuffata, da un certo punto in poi lo si fa per il puro piacere di farlo, trasformando il “mangiare e vomitare” in un vero e proprio rituale basato sul piacere. L’essere umano, per sua natura corruttibile, riesce a provare piacere in qualunque cosa, basta che sia ripetuta più e più volte.
Dalla sperimentazione di nuove tecniche si è così giunti a delineare dei protocolli di trattamento che sono sempre in continua evoluzione, come lo sono anche le patologie relative agli esseri umani, individuando due principali tipologie di vomitatrici:
Coloro che vogliono liberarsi dal rituale e che si dichiarano “pentite” di essere arrivate a quel punto tanto da voler recuperare tutte le altre sensazioni piacevoli alle quali avevano rinunciato in nome di quel piacere maggiore;
Coloro che si compiacciono del loro rituale e che non ne vogliono fare a meno, spesso portate in terapia dai familiari o perché il rituale occupa quasi la totalità della loro vita;
BINGE EATING
Meglio conosciuto come Disturbo da Alimentazione Incontrollata, descritto dalla letteratura classica come un disturbo caratterizzato da abbuffate senza vomito, in un’ottica strategica differisce dalla bulimia più che altro per l’alternanza di lunghi periodi di digiuno a periodi di abbuffate incontrollate. La tentata soluzione principale è il digiuno che, in realtà, esiste solo in ragione della consapevolezza dell’abbuffata e viceversa. Altri modi per cercare di controllare il peso sono l’attività fisica incostante e l’uso di lassativi e diuretici. In alcuni casi si ricorre persino alla chirurgia estetica per pochi kg. di sovrappeso, ponendo le basi per un disturbo di dismorfismo corporeo (vedi sezione “Disturbi somatoformi”).

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