Mantova, Cremona, Brescia, Desenzano d.G., Verona
info@psicologiabrevestrategica.it
340-8973216
Close
340-8973216 info@psicologiabrevestrategica.it
ANSIA DA ESAME: CHE TERRORE!

STRATEGIE PER RISOLVERE IN TEMPI BREVI

                Partiamo da una considerazione: la credenza tipica dei ragazzi che una prova d’esame o una verifica o un’interrogazione possano realizzarsi in assenza di ansia è sbagliata.

                Un po’ di ansia, intesa come sana attivazione in realtà ci vuole perché ci permette di essere più attenti, più concentrati. Se l’ansia si manifesta in questo modo permettendo di svolgere la performance allora si può definire sana. Se non ci fosse, infatti, non renderemmo al massimo delle nostre capacità. Un certo dosaggio di ansia va quindi mantenuto.

                L’ansia diventa un problema quando supera una certa soglia: essa può incidere sulle capacità di attenzione, concentrazione, esposizione e memorizzazione e può andare a creare un vero e proprio blocco della performance.

                 un’ottica strategica quindi non avere l’ansia può incidere negativamente sulla prestazione, in quanto implicherebbe troppa “rilassatezza” che può portare: a sottovalutare la situazione in cui ci troviamo, a disattenzione, ad errori banali e quanto altro ancora. E’ quindi necessario saperla gestire al meglio facendocela amica piuttosto che nemica.

                Lo scopo dell’intervento breve strategico è sbloccare in poco tempo quelle risorse individuali che il ragazzo o la ragazza posseggono e che permetteranno loro di costruire un futuro roseo e ricco di successi. In qualsiasi caso, quando si ha a che fare con problemi di ansia è necessario che l’intervento venga costruito a doc sul singolo caso poiché la variabilità individuale potrebbe portare ad applicare stratagemmi terapeutici poco adatti alla risoluzione del problema.

                Le tecniche per sbloccare la performance dello studente hanno sempre come scopo quello di interrompere rapidamente quei comportamenti che tendono a mantenere il problema e lo possono far peggiorare nel tempo, ma di cui il paziente è più o meno inconsapevole poiché spesso ritiene che mettendo in atto tali strategie egli possa migliorare. Di solito lo studente pensa che soluzioni razionali possano fare al caso suo, ma non è sempre così purtroppo.

                L’idea del trattamento secondo la psicoterapia breve strategica è quella di concedersi di andare con l’ansia all’esame o all’interrogazione e di poterla anche dichiarare all’esaminatore. Questa strategia si rivela particolarmente utile soprattutto se lo studente ha l’idea di dover nascondere all’esaminatore la sua ansia, ritenendola un aspetto negativo che deve essere celato, a discapito di ciò che potrebbe pensare chi deve valutare.Ciò che questi pazienti non considerano è che l’ansia purtroppo è infida e più cerco di nasconderla e più si manifesta e aumenta. Quindi più lo studente la vuole nascondere e più questa strategia si rivelerà un’arma a doppio taglio. Il funzionamento dell’ansia non segue infatti una logica lineare, ma la logica su cui si basa è di carattere paradossale: più cerco di calmarmi e più mi agito. Ecco perché ogni tentativo di “rilassarsi” è vano.

                La strategia più utile in questi casi è dichiararla (Watzlawick et al., 1974) in questo modo all’esaminatore: “Mi scusi se mi troverà un po’ ansioso e un po’ confuso all’inizio, poco preciso, ma devo confessarle che questa prova mi emoziona molto”.

                Questa dichiarazione serve per ottenere due effetti: il primo è quello che consente alla persona di liberarsi del peso del suo problema grazie alla dichiarazione, anche se impegnativa, e in secondo luogo serve al professore perché entrando in contatto con il vissuto dello studente si predisponga nel modo migliore nei suoi confronti. Se lo studente non dichiarasse il suo problema, l’esaminatore potrebbe infatti scambiare la scarsa performance iniziale per non preparazione. La dichiarazione del proprio stato di ansia rilassa la persona nel momento in cui la fa poiché l’ansia quando c’è non la si può nascondere. Se si cerca di nasconderla, come abbiamo visto, cresce come l’acqua che si accalca nella diga e quando sale travolge tutto portando con sé distruzione e disastri.

In qualsiasi caso, quando si ha a che fare con problemi di ansia è necessario che l’intervento venga costruito a doc sul singolo caso poichè la variabilità individuale potrebbe portare ad applicare stratagemmi terapeutici poco adatti alla risoluzione del problema.

                I pazienti che presentano la fobia dell’esame tendono ad evitare ciò che spaventa (per esempio stanno a casa da scuola se hanno in programma un’interrogazione, quando il professore chiede: “chi si offre?” non rispondono anche se hanno studiato tantissimo e sono preparati, …..). Se reiterata per diverso tempo questa tentata soluzione da una parte fa credere allo studente di essere salvo perché in questo modo non si confronta con la paura, ma dall’altro la rinforza perché si abbassa la fiducia nelle proprie risorse e capacità personali e così facendo conferma la sua incapacità. L’effetto di questa tentata soluzione è di tipo contraddittorio cioè da una parte mi salvo ma dall’altra il mio problema peggiora.

                I​n secondo luogo altra tentata soluzione al problema è la richiesta di aiuto e rassicurazione ad altri ed il parlare del problema in modo frequente. Anche queste tentate soluzioni aumentano il problema fobico perché la persona più ne parla e più mette il fertilizzante sulla pianta che la pianta cresce, cresce, cresce,…

                La terza componente è il tentativo di controllare le proprie reazioni a livello cognitivo. Per esempio sento il cuore che mi batte, e cerco di dirmi “stai calmo, stai calmo stai calmo”. Oppure sento la vampata e cerco di respirare profondamente. Creo in questo modo una dispnea che mi farà girare la testa ancora di più, fino a crearmi una paura di perdere ancora di più il controllo e di sentirmi male. Oppure sento che la pancia si muove e voglio controllarla…..

                Chi soffre della paura di parlare in pubblico inizia ad ascoltarsi. Per esempio pensa “oddio non mi sento bene, la pancia si muove, forse potrei fare una brutta figuraccia qui davanti a tutti”, e comincia a controllarsi, poi pensa di voler finire alla svelta e comincia ad accelerare e poi può chiedere a qualcuno di parlare al suo posto. Anche nella paura di esporsi in pubblico sono presenti le tre tentate soluzioni dell’evitare, del controllarsi per calmarsi e del chiedere aiuto.

                La paura patologica viene progressivamente costruita. La persona è come se si scavasse una buca sotto ai piedi sempre più profonda, ci cadesse dentro e non riuscisse più ad uscirne da sola.

                Come trattarla? Gli antichi sumeri avevano scritto sulle tavole che la paura affrontata diventa coraggio mentre la paura evitata diventa timor panico. Ma come fare a far guardare in faccia la paura ad una persona che ne soffre in modo patologico?

                Seneca fu il primo ad applicare questa strategia quando fu condannato a morte e doveva da solo aspettare l’esecuzione. L’imperatore Nerone, famoso per la sua crudeltà, lo fece aspettare un po’ e poi lo fece condannare a morte per suicidio. Seneca si doveva quindi suicidare tagliandosi le vene dopo aver assistito al suicidio di sua moglie prima di lui. Seneca stesso scrive che si è preparato pensando quotidianamente a quello che sarebbe avvenuto facendosi le peggiori fantasie volontariamente. Questo gli ha permesso di affrontare il tutto, come scrivono le fonti, con una serenità olimpica.

                Successivamente Milton Erickson, Paul Watzlavick e Jhon Weakland lavorarono per fare in modo di creare l’esperienza emozionale correttiva (F. Alexander) per far pensare al paziente le peggiori fantasie e ottenere l’effetto opposto di calmarsi. Dal gruppo di Palo Alto è stata formulata la tecnica della peggior fantasia chiusi in una stanza (Worst Fantasy). La tecnica viene prescritta al paziente mantenendo un contatto oculare costante attraverso una comunicazione suggestiva ipnotica. Tale tecnica consiste nel calarsi, inizialmente, nelle peggiori fantasie per mezz’ora al giorno (Nardone, 1993).

                I pazienti tornano dopo una o due settimane e dicono di non essere riusciti a stare male e di non essere riusciti a svolgere il compito. Anzi a volte dicono di essersi così rilassati da essersi addormentati durante la mezz’ora. Qualcun altro sta male i primi giorni ma poi arriva ad avere un effetto paradosso cioè evocando la paura ottiene un rilassamento, la mente va su pensieri positivi e così la persona riduce a zero la reazione ansiosa e la reazione fobica. Quando la persona torna in seconda seduta il terapeuta spiega perché si è realizzato questo effetto. Spiegando: “Lei non ha sbagliato, ma questo era, siccome che siamo tutti dei piccoli San Tommaso, il modo di farle toccare con mano l’effetto. Perché se non tocchiamo con mano non possiamo credere. Ora può credere che lei può toccare con mano la sua paura evocandola per ridurla e gestirla”. Cioè toccare i fantasmi per farli svanire. Successivamente si alleggerirà sempre di più l’intervento. Il trattamento si articola in poche sedute di trattamento.

BIBLIOGRAFIA

Bartoletti, A. (2013). Lo studente strategico. Come risolvere rapidamente i problemi di studio. Milano, Ponte alle Grazie.

Nardone, G. (1993). Paura, panico, fobie. Milano, Ponte alle Grazie.

Nardone, G. (2003), Cavalcare la propria tigre, Milano, Ponte alle Grazie.

Watzlawick, P., Weakland, J.H., Fisch, R. (1974). Change: la formazione e la soluzione dei problemi. Roma, Astrolabio.

Add Comment

Phone: 340-8973216
Sede Centrale - SS Cisa 7 c/o Poliambulatorio Astro Salute
Porto Mantovano (MN) 46047