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DIPENDENZA AFFETTIVA E RISVOLTI PSICOFORENSI

Intervento effettuato al Terzo Convegno Nazionale di Psicologia Giuridica a cura di dr.ssa Rossella Campigotto

La dipendenza affettiva è un fenomeno che all’interno di una relazione amorosa può trascenderla fino a varcare i limiti del rispetto della propria vita, di quella degli altri e del matrimonio. La prospettiva qui utilizzata per analizzare il fenomeno è quella della pragmatica della comunicazione della Scuola di Palo Alto (Watzlawick, Beavin, Jackson, 1971).Essa cioè risulta essere un rapporto complementare impostato sulla differenza fra i partners: uno che sta al di sopra (one-up) cioè colui che ordina, dirige e critica e l’altro che sta al di sotto (one-down) che obbedisce e chiede (G.Gullotta, 1976).Ci sono casi in cui uno dei partners induce l’altro a commettere reati che arrivano fino all’omicidio. Nella mia esperienza ho incontrato svariati casi di dipendenza affettiva. Qui ne illustro due di uomini di mezza età innamoratisi di donne al di fuori del rapporto coniugale indotti da richieste implicite o esplicite delle amanti a fare loro regali che andavano oltre le possibilità economiche e addirittura procurandosi i mezzi illecitamente. Il mio approccio per risolvere questo problema è stato di tipo Strategico secondo il modello di Giorgio Nardone. Intendo qui illustrare il percorso psicoterapeutico che potrebbe essere utilizzato anche in casi più gravi.

 

La dipendenza affettiva è un fenomeno che all’interno di una relazione amorosa può trascenderla fino a varcare i limiti del rispetto della propria vita, di quella degli altri e del matrimonio a tal punto da far rilevare, in alcune situazioni, azioni criminose. Casi abbastanza recenti di cronaca ci dicono che in presenza di un legame affettivo possono verificarsi azioni di questo tipo. Si pensi al caso della coppia dell’acido che vede protagonisti Martina Levato e Alex Boettcher o al cosiddetto delitto di Novi Ligure che vede protagonisti due minorenni Erika De Nardo e Omar Favaro.

Per analizzare tale fenomeno si è qui utilizzata la prospettiva della Scuola di Palo Alto, in particolare si fa qui riferimento al testo “La pragmatica della comunicazione umana “che  Paul Watzlawick scrisse con Janet Helmick Beavin e Don D. Jackson nel 1971. Secondo tale prospettiva possiamo distingue due tipi di interazioni: quelle simmetriche e quelle complementari. Esse si distinguono a seconda del fatto che gli scambi di comunicazione siano fondati sull’uguaglianza o sulla differenza. L’interazione è simmetrica quando è basata sulla uguaglianza mentre è complementare se è basata sulla differenza cioè su di un “modello up-down”. In questi termini la dipendenza affettiva risulta essere un rapporto complementare impostato sulla differenza fra i partners: uno che sta al di sopra (one-up) cioè colui che dà ordini, dirige e fa critiche e l’altro che sta al di sotto (one-down) che obbedisce e chiede (Gullotta, 1976). Un partner cioè assume la posizione superiore, primaria o one-up; mentre l’altro tiene la posizione corrispondente inferiore, secondaria e one-down posizione (Watzlawick, Beavin, Jackson, 1971). In questo tipo di rapporto si nota una natura interdipendente di relazione. Cioè comportamenti differenti che si sono adattati ai rispettivi ruoli, si richiamano a vicenda come due calamite. Non è un partner ad imporre la relazione complementare ma sono piuttosto i due partners che, comportandosi in un certo modo, strategicamente conducono l’altro al comportamento opposto corrispondente.

Di solito “quello che sta al di sotto” è il partner che è più coinvolto da un punto di vista emotivo e sentimentale e che per questo ha “meno potere contrattuale”. I bisogni di fedeltà, di devozione, di amore e assistenza sono enunciati da “colui che sta al di sotto cioè chi è in posizione di one-down”; i suggerimenti, le puntualizzazioni, i consigli, i comandi, le critiche sono proferiti da quello che “sta al di sopra o in una posizione one-up”. Di solito il rapporto interpersonale non è esclusivamente simmetrico o esclusivamente complementare. Piuttosto si nota nelle interazioni una dominanza dell’uno o dell’altro tipo di relazione. Nessuno dei due tipi può essere definito di per sé come “buono” o “cattivo” se non in quei casi in cui viene portato alle estreme conseguenze cioè quando la complementarietà è estremamente rigida cioè quando “quello che sta al di sopra” soffoca l’altro e la sua personalità creando appunto in lui una condizione di dipendenza o a livello emotivo o a livello intellettuale.

Analizzando la comunicazione fra partners, possiamo distinguere diversi tipi di messaggi: alcuni messaggi sono neutri (parlare del tempo con uno sconosciuto per esempio), ma la maggior parte delinea invece il rapporto tra gli interlocutori come un rapporto simmetrico o complementare.

Il gruppo di messaggi che definiscono la natura del rapporto si chiamano manovre comunicazionali e sono costituite da domande, consigli, comandi, suggerimenti, istruzioni, ecc..all’altro soggetto. Una manovra che definisce un rapporto di natura complementare può essere verbale o non verbale. Le manovre comunicazionali in un rapporto complementare sottendono “io sono quello che sta al di sopra” e tu sei quello che “sta al di sotto (Gulotta, 1976). Nei rapporti complementari la maggior parte delle volte colui che riveste i panni del ricevente non compie una contromanovra per ridefinire la relazione in modo differente (per esempio come simmetrica).

La natura fluida del rapporto implica una serie continua di manovre e contromanovre poiché esso sia ridefinito di continuo.

Per acquisire supremazia in un rapporto interpersonale, ogni individuo attua non una, ma una serie di manovre che si caratterizzano per il fatto di essere ricorrenti . Esse possono essere definite come strategie. Attraverso esse ogni partner nella coppia cerca di raggiungere obiettivi vantaggiosi per sé e svantaggiosi per l’altro con lo scopo di avere il controllo sui suoi comportamenti, pensieri e sui suoi sentimenti.

Per quanto riguarda i rapporti complementari si possono verificare casi in cui uno dei partners induce l’altro a commettere reati che arrivano fino all’omicidio.

Si pensi alla coppia dell’acido e Martina Lavato ed Alex Boettcher che hanno colpito e sfigurato con l’acido Pietro Barbini il 28 dicembre 2014, accusati di aver deturpato anche il volto di Stefano Savi (2 novembre2015), e di aver fallito per caso un terzo agguato (15 novembre dello stesso anno).

Si pensi anche a Erika De Nardo e Mauro Favaro, Erika e Omar, 16 e 17 anni al momento dell’omicidio che passerà alla storia col nome “delitto di Novi Ligure”. Un omicidio organizzato, maturato e pensato all’interno della coppia. I due fidanzati adolescenti si tramutano in due assassini. Prima condividono il pensiero omicida assieme e poi lo concretizzano come atto d’amore per andare contro tutto e tutti. All’insegna del “Se mi ami, uccidi”.

Nella mia esperienza non ho incontrato casi di co-dipendenza che hanno avuto esiti così drammatici. Piuttosto ho visto per esempio due casi in cui le condizioni affettive in essere così come verbalizzato dai pazienti avrebbero potuto sfociare in eventi gravi. Qui illustro casi di due di uomini di mezza età, dirigenti, innamoratisi di donne al di fuori del rapporto coniugale, indotti da richieste implicite o esplicite delle amanti a fare loro regali che andavano oltre le possibilità economiche e addirittura procurandosi i mezzi illecitamente. Entrambi dichiaravano: “Ho perso la testa, non mi sento più io, sarei capace di fare di tutto per lei”. In molti di questi casi, da un punto di vista interpersonale, ciascuno vede se stesso reagire alle azioni dell’altro ma non vede che l’altro reagisce alle proprie. Si crea un loop in cui ciascuno vede solo una parte del cerchio. Si constata da parte di uno dei due partner che sono poste in essere manovre comunicazionali che tendono a rendere l’altro “down” nella relazione in una sorta di complementarietà rigida del tipo “Se tu fossi un uomo….” oppure “ Se tu fossi una vera donna al posto tuo…..”.

Il mio approccio per risolvere questo problema è stato di tipo Strategico secondo il modello di Giorgio Nardone che lo ha definito come “l’arte di risolvere complicati problemi umani mediante apparentemente semplici soluzioni”.

Intendo qui illustrare il percorso psicoterapeutico che potrebbe essere utilizzato anche in casi più gravi.

La psicoterapia breve strategica si diversifica dagli altri modelli terapeutici perché è un intervento breve e preciso, teso alla ridefinizione della modalità di percezione della realtà che il soggetto crea intorno a sé e che poi subisce.

Secondo questo approccio per poter modificare in maniera duratura una situazione divenuta problematica non è sufficiente indagare sulle cause del passato che potrebbero averla determinata (aspetto sul quale non possiamo intervenire poiché immodificabile), ma è assai più vantaggioso lavorare sul “qui ed ora” del comportamento cioè nel presente, con lo scopo di ricercare quegli strumenti consoni a modificare il profondo disagio avvertito dal paziente e definire così una soluzione efficace e che duri nel tempo. Parlando di disagio psicologico, di solito il pensiero va a psicoterapia lunghe e a percorsi terapeutici estremamente sofferti. In realtà con la psicoterapia breve strategica si ottiene l’estinzione in tempi rapidi di disturbi radicati anche da molti anni (Nardone G., Watzlawick P., 2004). A differenza delle tradizionali psicoterapie e dei tradizionali interventi psichiatrici ci si focalizza sulla funzionalità o disfunzionalità del comportamento delle persone e di come esse si rapportano con se stesse, con gli altri e con la realtà che le circonda.

Nei due casi citati entrambi i pazienti si rendevano conto del comportamento illecito, scorretto nei confronti della moglie, ma affermavano entrambi di voler cessare la relazione extraconiugale. Affermavano però di non riuscire a liberarsi di questo rapporto e della persona che li aveva legati a tal punto da far perdere loro la testa. I tentativi dei due uomini di cessare tale relazione messi in atto più volte erano sempre falliti poiché l’amante era in grado di “riacchiappare la sua preda” ed inchiodarla nella sua ragnatela. Ogni volta infatti la donna si faceva risentire ed anche se il paziente le diceva che voleva interrompere il rapporto, il solo fatto di risponderle riallacciava il legame. Il gioco di relazione complementare in entrambi i casi era definito in questo modo: più l’uomo cercava di avvicinarsi in modo gentile alla donna per corteggiarla e più lei lo rifiutava o lo trattava male e vice versa in una escalation in cui più l’uomo era bistrattato e più cercava di riconquistare l’amante con regali sempre più costosi.

A questo punto con linguaggio ipnotico senza trance (linguaggio tipico degli interventi con psicoterapia breve strategica) ho suggerito ad entrambi i pazienti di stoppare completamente ogni tipo di legame con la donna (di non rispondere alle sue chiamate e lasciar squillare il telefono piuttosto che evitare di chiamarla anche solo per dire: “Basta non ci vediamo più”. Dall’altra parte ho utilizzato lo stratagemma del “creare dal nulla” poiché per uscire dal problema era necessario che nell’immediato il paziente iniziasse a definire una nuova realtà amorosa quella cioè da lui desiderata. Questo ultimo passo consentiva al paziente di andare definitivamente oltre il problema. Un’altra manovra utilizzata è la “congiura del silenzio”, ho chiesto ai pazienti di non parlare del loro problema con nessuno al di fuori di me perché questo modo di fare si stava rivelando un vero fertilizzante che faceva crescere la pianta del problema e lo manteneva nel tempo.

In entrambi i casi sono state necessarie alcune sedute di trattamento per risolvere la situazione.

 

BIBLIOGRAFIA

Gullotta, G., Commedie e drammi nel matrimonio, Feltrinelli, Milano, 1976

Nardone, G., Balbi, E., Solcare il mare all’insaputa del cielo. Lezioni sul cambiamento terapeutico e le logiche non ordinerie, Ponte alle Grazie, Milano, 2008

Nardone, G., Salvini, A., Il dialogo strategico, Ponte alle Grazie, Milano, 2004

Nardone, G., Watzlawick, P., L’arte del cambiamento, Ponte alle Grazie, Milano, 1990

Watzlawick, P., Beavin, J., Jackson, D., Pragmatica della comunicazione umana, Astrolabio, Roma, 1971

Watzlawick, P., Weakland, J., Fisch, R., Change, Astrolabio, Roma, 1974

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