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Cos’è la Psicoterapia breve strategica, come funziona, la sua storia e la sua efficacia ed efficienza

Introduzione


L’approccio strategico alla psicoterapia può essere definito come “l’arte di risolvere complicati problemi umani mediante soluzioni apparentemente semplici”. Premessa di base è che, nonostante i problemi e le sofferenze umane possano apparire complessi e persistere da anni, non per questo devono richiedere soluzioni altrettanto lunghe e complicate.
Quando si parla di problemi psicologici, infatti, si è soliti pensare che siano necessari interventi psicoterapeutici a lungo termine, il più delle volte immaginati come un lungo e faticoso viaggio nel proprio passato alla ricerca delle causa del problema.


La Terapia Breve Strategica, invece, è un intervento breve e focale, orientato verso l’estinzione dei sintomi da una parte, e verso la ristrutturazione della percezione che la persona ha di sé, degli altri e del mondo dall’altra. In altri termini, obiettivo primo di un terapeuta strategico è quello di risolvere rapidamente problemi e disturbi che possono diventare invadenti ed invalidanti non solo per il paziente che ne soffre, ma anche per coloro che gli stanno accanto.

Avvalendosi di una rigorosa metodologia di ricerca empirico-sperimentale, l’approccio strategico alla psicoterapia rappresenta una prospettiva rivoluzionaria rispetto alle forme convenzionali di intervento psicoterapeutico, alla base della quale c’è una teoria complessa ed avanzata. Caratteristica distintiva di questo modello di terapia è la sua capacità di produrre cambiamenti in tempi brevi (generalmente qualche mese) anche nel caso disturbi molto radicati e che persistono da anni.


I risultati ottenuti mediante trattamenti basati su interventi strategici ben costruiti, applicati presso il Centro di Terapia Strategica di Arezzo e nelle sedi italiane affiliate hanno dimostrato come sia possibile risolvere in maniera effettiva ed in tempi brevi molti problemi di ordine psicologico. Gli attuali dati di efficacia (risoluzione del problema) ed efficienza (rapidità con cui viene risolto) riportano infatti l’86% dei casi risolti con una media di 7 sedute (Nardone, Portelli, 2005).


In virtù di queste caratteristiche, quello strategico appare non solo un modello teorico e operativo decisamente efficace per la soluzione in tempi brevi di problemi clinici (individuali, di coppia o familiari), ma anche un approccio applicabile a contesti interpersonali differenti, come quelli sociali, educativi e aziendali.

Come funziona

La Terapia Breve Strategica è un approccio originale alla formazione e alla soluzione dei problemi umani che presenta specifici fondamenti teorici e prassi applicative in costante evoluzione sulla base della ricerca empirica. Si tratta di un intervento terapeutico breve (intendendo per “breve” al di sotto delle 20 sedute) che si occupa da una parte di eliminare i sintomi o i comportamenti disfunzionali per i quali la persona è venuta in terapia, dall’altra, di produrre il cambiamento delle modalità attraverso cui questa costruisce la propria realtà personale e interpersonale.
Di conseguenza, la Terapia Breve Strategica rappresenta un intervento radicale e duraturo e non una terapia superficiale e meramente sintomatica.


A differenza delle tradizionali teorie psicologiche e psichiatriche un terapeuta strategico non utilizza nessuna teoria sulla “natura umana” e, di conseguenza, nemmeno definizioni relative alla “normalità” o “patologia” psichica. In quest’ottica ci si interessa piuttosto della “funzionalità” o “disfunzionalità” del comportamento delle persone e del loro modo di rapportarsi con la propria realtà.

Quando ci troviamo di fronte a una difficoltà – sia essa personale, relazionale o professionale – la prima cosa che ci viene da fare per risolverla è utilizzare una strategia che ci appare produttiva, magari perché ha funzionato nel passato per una difficoltà simile. Se la strategia scelta funziona, la difficoltà si risolve in breve tempo, Capita però talvolta che la nostra strategia non funzioni come ci saremmo aspettati e che questo ci porti a intensificare ulteriormente i nostri sforzi in quella direzione, dal momento che la soluzione pensata ci appare ancora la più logica, ovvia, o la unica possibile. Ma più applichiamo questo strategia più la difficoltà iniziale sembra non solo non risolversi, ma addirittura complicarsi, trasformandosi in un vero e proprio problema strutturato.
In questi casi sono proprio gli sforzi che la persona compie in direzione del cambiamento a mantenere la situazione immutata, ovvero: le “tentate soluzioni” messe in atto dal soggetto e dalle persone a lui vicine per cercare di risolvere il problema finiscono per alimentarlo e determinarne così la persistenza.

Questi tentativi di soluzione sono spesso riconosciuti dalla persona stessa come non funzionali, ma nonostante questo ella non riesce a fare altrimenti, sviluppando così una radicata sfiducia nella possibilità di un cambiamento della propria situazione problematica.

Da un punto di vista strategico, quindi, per cambiare una situazione problematica non è necessario svelarne le cause originarie (aspetto sui cui, peraltro, non si avrebbe più alcuna possibilità di intervento), ma lavorare su come questo si mantiene nel presente, grazie alla ridonante ripetizione delle “tentate soluzioni” adottate.

Per questo motivo, il terapeuta strategico si focalizza fin dal principio della terapia sul rompere questo circuito vizioso che si è venuto a stabilire tra le tentate soluzioni e la persistenza del problema, lavorando sul presente piuttosto che sul passato, su “come funziona” il problema, piuttosto che sul “perché esiste”, sulla ricerca delle “soluzioni” piuttosto che delle “cause”.


Scopo ultimo dell’intervento terapeutico diviene così lo spostamento del punto di osservazione del soggetto dalla sua posizione originaria rigida e disfunzionale (che si esprimeva nelle “tentate soluzioni”) ad una prospettiva più elastica e funzionale, con maggiori possibilità di scelta.

In questo modo la persona acquisisce la capacità di fronteggiare i problemi senza rigidità e stereotipia, sviluppando un ventaglio di diverse possibili strategie risolutive.


Per raggiungere questo obiettivo nella maniera più efficace e rapida possibile, l’intervento strategico è di tipo attivo e prescrittivo e deve produrre risultati a partire già dalle prime sedute. Se questo non avviene, il terapeuta è comunque in grado di modificare la propria strategia sulla base delle risposte date dal paziente, fino a trovare quella idonea a guidare la persona al cambiamento definitivo della propria situazione problematica.

Cenni storici

Le origini dell’approccio strategico risiedono nelle antiche tradizioni elleniche della retorica dei sofisti e cinese dell’arte dello stratagemma, ovvero le antiche arti di risolvere apparentemente irrisolvibili situazioni mediante l’uso di stratagemmi e modi di comunicare suggestivi e persuasori (Terapia breve strategica®, 1997 – Cavalcare la propria tigre, 2003), dalla teoria della comunicazione nata in campo antropologico con Gregory Bateson, agli sviluppi costruttivisti della teoria cibernetica (Heinz von Foerster, Ernst von Glaserfeld), agli studi sull’ipnosi e la suggestione di Milton Erickson.

Nei tempi più recenti si deve alla feconda tradizione della Scuola di Palo Alto (Mental Research Institute-MRI) la formulazione del modello di Terapia Breve. Negli anni ’70, infatti, il gruppo del MRI presentò alla comunità dei terapeuti i risultati del progetto “Brief Therapy Center”(Watzlawick, Weakland, Fisch 1974 – Weakland et alt. 1974).

Si deve poi a Paul Watzlawick l’opera di approfondimento e sistematizzazione dei principi teorico-applicativi della comunicazione terapeutica. (Pragmatica della comunicazione umana, 1971)

Dal 1987 con Giorgio Nardone si ha la moderna evoluzione della “Terapia Breve” verso una forma di avanzata tecnologia terapeutica, la “psicoterapia breve strategica” che da oltre venti anni dimostra la sua fecondità ed efficacia nell’applicazione a molti contesti ed in diverse culture. Nel primo libro “manifesto della terapia breve strategica” -“L’Arte del Cambiamento” (1990), si presentano per la prima volta “protocolli specifici” di trattamento per particolari disturbi.

Negli anni successivi, affiancato da Paul Watzlawick e dagli allievi formati nella propria Scuola, sempre sulla base di ricerche applicate a un vasto numero di soggetti e situazioni, ha creato un vasto numero di protocolli specifici di trattamento, ideando così gli strumenti per operare sulla “realtà” che ognuno si costruisce, trasformandone percezioni, reazioni e consapevolezza.
Tutto ciò ha condotto anche alla pubblicazione di numerose opere, tradotte in molte lingue, divenute testi fondamentali dell’approccio strategico alla psicoterapia. (vedi bibliografia).

 

Efficacia ed efficienza

La ricerca dimostra che gli esiti positivi della Psicoterapia Breve Strategica si attestano sull’88% dei casi trattati, con efficacia ancora più alta per attacchi di panico e disturbi fobico-ossessivi dove raggiunge il 95% di efficacia.

L’efficienza relativa alla completa guarigione dal disturbo si attesta su una media di 7 sedute di trattamento. Se invece si considera l’azzeramento del disturbo invalidante, ovvero lo sblocco della problematica, nella ricerca si è realizzato entro le prime 4 sedute, cioè nei primi 2/3 mesi dall’inizio della terapia (in genere le sedute con Psicoterapia Breve Strategica vengono effettuate a distanza di 15 giorni).

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